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Campo di Grupa, Polonia

Ieri siamo stati nel campo di Grupa in Polonia ad un ora di macchina da Byodgisczc definito il campo per “non bianchi”, qui si trovano principalmente persone Afgane, Pakistane, Siriane, Curde.

La polizia non ha voluto lasciarci entrare ma siamo riusciti a scambiare due chiacchiere con alcuni di loro che sono usciti.

Qui nessun bambino va a scuola e sono in un attesa perenne di qualcosa che non arriverà, anzi molti di loro verranno rimpatriati perché c’è la necessità di ricavare posti per gli Ucraini.

Ci hanno chiesto cibo e mentre la Polizia controllava che non entrassimo ci hanno preparato loro una pasta improvvisata sui nostri furgoni … a proposito di accoglienza!!!

Campo aperto lo chiamano, aperto che è meglio di militarizzato e chiuso, ma non significa libero.

Mesi passati nella foresta tra Bielorussia e Polonia per finire qui.

Dopo aver subito pushback a non finire, essere stati respinti, umiliati , derubati , aver mangiato gelo e radici , dormito nel fango, pianto tutte le lacrime possibili, sperato e sognato una vita migliore in Europa, sono finiti qui. In un campo in Polonia ad aspettare quel futuro che non arriva mai. A cercare un modo per andarsene , un passour un po’ più economico, perché quando la legge non da risposte non resta che l’illegalità. Intrappolati in un sistema che sfinisce , attese interminabili, mesi e mesi passati nell’incertezza, dopo aver affrontato tutti gli inferni possibili fatti di filo spinato e muri e freddo e botte bloccati ora da cavilli burocratici e lungaggini inspiegabili. Un sistema che divide persino i profughi in base alla nazionalità, in una partita che stona anche solo a pronunciarla “ucraina-resto del mondo”

Restiamo ad ascoltare storie di frontiere, di viaggi impossibili, di bambini nati in Russia ed arrivati qui dopo anni di respingimenti, di bambini che nasceranno a breve in questo luogo svuotato di diritti e riempito di umanità, e ogni volta penso che tutto questo dolore si potrebbe evitare facilmente, che tutta questa fatica è inutile crudeltà.

Abbiamo distribuito cibo e vestiti ma sappiamo tutti anche fin troppo bene che i bisogni di queste persone stanno bene oltre, che l’emergenza cronica in cui sono costretti a vivere è dettata da una politica squallida e nauseabonda. Continueremo a sostenere le persone in movimento, ma è fondamenta che l’Europa guardi più in alto e apra i confini, quelli delle frontiere e quelli della mente.

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