Bihac, Bosnia maggio 2022
Lipa campo di confine.
Tutto bianco , lucente , sembra quasi luogo vivibile.
Se non fosse per quel filo spinato intorno, se non fosse per quel sentirsi in un in carcere, se non fosse per quella distanza anche fisica dal mondo reale, ci spiega Reza, ingeniere iraniano, quella distanza che sancisce la separazione netta tra il vivere ed il sopravvivere, tra l’esistere e il pensare di esistere. Qui tutto si paralizza, diritti, privacy, speranze, perfino il conto in banca, perché la polizia ti rompe tutto e non hai più documenti per dimostrare chi sei.
E poi quei pensieri che invece non ti abbandonano mai, la tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi figli. Quei pensieri che ti ronzano sempre nella testa e ti sbranano il corpo, lentamente . Quel perché di tutto questo che proprio non riesci a comprendere, quell’attesa che ti logora, dentro, ti divora. Perché è chiaro che non c’è proprio nulla da attendere. Nessuna regola da rispettare, nessuna strada da seguire per ottenere il permesso di esistere, nessuna prospettiva, nessuna concessione, niente . Un campo di confinamento per vite di serie B. a cui è dato come unica alternativa il game. Diventare preda per tornare libero.
Quanta forza serve per sopportare Lipa???
E quanta indifferenza serve a noi europei per non vedere tutta questa sofferenza fuori dalla porta di casa .










